Mio stimatissimo e caro Signore,
sappia anzitutto che alcuni giorni fa ho dato da leggere al signor Mendelssohn, con cui faccio colazione quotidianamente, il Suo articolo: «Primi suoni». Io lo spiavo da lontano per vedere i mutamenti della sua espressione man mano che s'avvicinava alla conclusione, che (devo dirglielo francamente) ha fatto venire anche a me le lacrime agli occhi! Egli lesse attentamente: il suo viso splendido, imponente, soffermandosi attentamente ad ogni parola, dava sempre più segni d'approvazione. Ed eccoci al punto! Avrebbe dovuto vederlo. «Eh! che è ciò? Davvero troppo! Mi fa veramente piacere; ci sono vari modi di fare un elogio, ma questo esce da un cuore puro», ecc. ecc. Avrebbe dovuto vederlo e sentirlo: «Molti vivi ringraziamenti a colui che l'ha scritto ». Così proseguì. Dopo di che ci tuffammo nello champagne!
Veramente già da molto tempo io mi dicevo: «Nessuno ha scritto sulla musica come Wedel [68]! »
Spesso mi sembra d leggere nella faccia di Mendelssohn, che con eterno e dolce moto esprime ciò che passa interiormente ed esteriormente a lui. La Sua prosa è così vitale in ogni parola, così pittorica in ogni singola frase, così armoniosa. Ma basta di ciò...
Forse potrò vederLa e parlarLe durante l'estate. Mi dispiace che Lei allora troverà difficilmente qui Mendelssohn, che vuol trascorrere l'estate a Francoforte tra le braccia della sua sposa. Nella veste di fidanzato, è veramente come un bambino!
Ha forse in composizione qualche piccola poesia adatta per il giornale?
Non posso far nulla per la Sua tragedia.
Barth [69] mi guardò dall'alto in basso alla mia nuda parola « tragedia ». Riordini presto la Sua «Wedeliana», della quale, con l'aiuto di Dio, mi occuperò...
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