Costume adamitico (senza foglia: prima della cacciata).
di Pigi Mazzoli
Pubblicato in "Pride", febbraio 2001


La scelta del costume scollacciato al carnevale di Rio e del costume da bagno modaiolo delle nostre spiagge sono la stessa cosa: il tentativo di rompere un tabù.

Mostrarsi nudi in un paese cattolico è anche un piccolo atto di ribellione. Ma poi: è più esibizionista chi si spoglia o chi si veste?

Ho sempre sognato di poter andare a Rio per il carnevale: là è estate e avrei potuto andare in giro nudo. Qui da noi lo puoi fare solo al chiuso di un locale o di una festa a casa di amici. Al primo carnevale del Querelle andai vestito, o meglio svestito, da Nettuno. Ma raggiunsi il locale intabarrato in un giaccone. Per strada occasionali travestiti (poco trans e poco vestiti) a sfidare il gelo, il mio essere freddoloso mi toglie alcune possibilità.
Il 28 giugno in Australia è inverno. Peggio: a Sidney piove sempre in quei giorni. E il gay pride era un supplizio bagnato per gli allora pochi partecipanti. Che ebbero una pensata geniale: spostare il gay pride a carnevale. Stesso clima di Rio, migliaia di persone che arrivano da tutto il continente, ma anche dagli States e dall'Europa, per andare in giro a manifestare l'orgoglio ma anche a festeggiare. Alcuni lamentano che il grande successo ha snaturato il carattere politico e rivendicativo della ricorrenza, ma i fondi per l'attività politica e assistenziale che si raccolgono durante questo evento giustificano il lato commerciale di puro divertimento. Al richiamo si uniscono gli eterosessuali, tanto quanto al gay pride romano, e a me sembra un buon segno questa eterogeneità.
Molti aspettano il carnevale per "andare vestiti da donna", che è cosa diversa dal travestirsi, cioè rendersi irriconoscibili come uomo. A carnevale in maggioranza chi si traveste sta ben attento a non coprire i suoi caratteri maschili, per questo l'effetto è comico. Ed anche erotico, quasi che il travestimento non coprisse l'essenza maschile ma fosse un segnale di disponibilità a ricoprire un ruolo diverso. Anch'io mi sono travestito spesso da nonna, conservando sempre la barba: quasi che avessi paura che i miei fianchi abbondanti e il mio torace da maggiorata potessero ingannare qualcuno, e non vorrei. O forse per eccessivo orgoglio virile, perché non si pensi che non sia soddisfatto della mia identità maschile.
Ma senza vestiti ci vado in giro volentieri. Anzi, sento i vestiti come un travestimento quotidiano imposto. Vesto apparentemente trasandato, con scelte ad arte, per non far credere che ciò che indosso mi rappresenti. Non amo la moda perché presta delle personalità fittizie alle sue vittime: mi sembrano tutti uguali quelli che si vestono tutti uguali. Andassimo in giro nudi, sono sicuro, avremmo molta più personalità da mostrare.
Viviamo in una società sessuofobica che ha fatto del corpo il simbolo della sessualità stessa: la repressione degli istinti "peccaminosi" porta con sé il nascondere le membra. Con alcune deroghe. Il corpo si può mascherare. Ingigantire i caratteri sessuali (imbottiture alle spalle delle giacche maschili, blue jeans tanto stretti da essere modellanti, reggiseni imbottiti, busti che assottigliano la vita). Ma la pelle resta tabù.
Quando ero piccolo i costumi da bagno maschili erano con la vita alta e molto sgambati, cioè lasciavano uscire abbondantemente le natiche. Lo si vede nei vecchi film anni '50 italiani o francesi che passano in televisione. Le donne invece copertissime, addirittura con gonnelline che coprissero l'inguine. Poi, con la sudditanza culturale verso gli Stati Uniti, gli uomini al mare sono stati sempre più coperti fino ad arrivare ai clowneschi bermuda odierni, mentre le donne, solo quelle "belle", sono sempre più scoperte, fino al tanga. Resta l'estremo pezzetto di stoffa dove una volta c'era il gonnellino a nascondere.
Di tutta la nostra tradizione di innocente naturalezza, di stare semplicemente nudi nella natura, restano le statue, qualche foto, rari documentari, alcuni quadri. Atleti e dei olimpici fermati nel marmo; la produzione rinascimentale toscana; i pescatori pugliesi che, sfilate le mutande, si immergono in acqua a stendere le reti; studenti inglesi, soldati francesi o giovani nazisti che fanno il bagno... Tutti accomunati dalla stessa naturale nudità. Senza badare alla bellezza o alla bruttezza del corpo. Perché il corpo è bello per il solo fatto di esistere. Vi vengono in mente certi discorsi, interviste dove si sentiva dire che "una bella donna è bello che si svesta in spiaggia ma che non lo facciano quelle vecchie con la pancia o i seni cascanti per una questione di buon gusto"? Per questi individui, questi censori selettivi, il nudo non potrà mai essere innocente, naturale. Mi vengono in mente certi documentari sui pescatori polinesiani o sugli abitanti amazzonici forniti di mutande boxer e mi sono sempre domandato se fosse una loro esigenza o se fosse solo un accorgimento della produzione per poter vendere il filmato.
Figurarsi se uno che trova censurabile la semplice visione del corpo non vedrà come una degenerazione la visione dell'atto sessuale. Figuriamoci un atto omosessuale! Rabbrividisco per lui. Ma intanto sono arrivato a 18 anni senza sapere esattamente come si scopava, non lo avevo mai visto, e nemmeno me lo avevano spiegato bene. Ricordo però l'inaspettato senso di liberazione nell'essere senza vestiti.
Mi ritrovai nudo pure al mare. Il fatto è che, seguendo il tam tam degli amici, si andava in tutti i luoghi possibili dove rimorchiare. E molti di questi erano spiagge, anzi, spiagge naturiste. Scoprii la rasserenante sensazione di essere immerso nella natura senza "membrane" che mi separassero da essa. A volte scomodo sentire il sole, il freddo, la sabbia, l'acqua ovunque. Con un occhio ad osservare l'arrivo della polizia per coprirsi in tempo per evitare una denuncia per atti osceni in luogo pubblico.
Sentirsi parte della natura stessa. Scoprii che i tedeschi ancora conservavano questa visione naturale e che, impossibilitati a farlo nella cattolica Italia, andavano in vacanza in enormi campi nella ex Jugoslavia, nei quali non portavano nulla, non radio, non fornelli e griglie, non acqua calda nelle docce: solo loro stessi. Con le loro forme, le loro età, senza mascheramenti, con sincerità mostrarsi agli altri. Non trovavo nulla di erotico in questo ma era più appagante di qualsiasi serata di battuage fatta con scarponcini alla moda, magliette sottolineatrici, acconciature da clone americano.
Questo bisogno di restare nudo o, meglio, questo non bisogno di vestirmi mi è rimasto dentro, i miei amici lo sanno e non mi invitano in vacanza nei paesi islamici. Chi non mi conosce e mi vede aprire la porta nudo a volte si imbarazza e pensa ad una profferta sessuale. Mi spiace, non ci penso mai al fatto che stare nudi può essere imbarazzante per gli altri, oppure erotico. Eppure potrei pensarci perché ancora ho tanti tabù: non mi spoglio davanti ai miei genitori e neppure per strada. Lo farei a carnevale ma fa sempre tanto freddo.