Sani e belli
di Pigi Mazzoli
Pubblicato su "Pride", circa 2000

Ho ricevuto molte lettere per l'articolo "Dedicato a chi non fa sesso sicuro". Grazie a Roberto, Pietro, Alberto, Felix, Umberto, Marco, Rinaldo, Paolo, Mauro, Aurelio, Giulio... ma i sieronegativi che non fanno sesso sicuro, e sono molti, dove sono? Io pensavo di parlare a loro. Potrebbero avermi ignorato completamente proprio perché si parlava di sesso sicuro, tanto loro sono sani. Vediamo se con questo titolo riesco ad attrarre la loro attenzione, attendo risposte...


Quando ho pubblicato, nel numero di Maggio scorso, il mio appello ad una maggiore coscienza nei rapporti sessuali per sconfiggere l'AIDS, pensavo di ricevere molte lettere con richiesta di maggiori informazioni sul sesso sicuro. Invece queste sono state poche, soprattutto da parte di sieronegativi già impegnati in questa lotta o da chi vive un rapporto di coppia con un sieropositivo e che si vergogna di parlarne con l'amico, per paura che questo bisogno di maggiore informazione venga scambiato dal compagno per un rifiuto verso la totalità del loro rapporto sessuale, e non per evitare i reali rischi delle loro pratiche a letto. La paura di ferire i suoi sentimenti lo rende cauto e lo lascia solo senza nessuno con cui parlare.
Invece mi hanno scritto moltissimi sieropositivi per dirmi: "Siamo uguali", per darmi e ricevere coraggio. Per esortarmi a continuare a vivere, io e loro, la battaglia. Lettere che esprimevano la loro simpatia, il loro senso di liberazione nel leggere di una persona che viveva la loro stessa vita fatta di paure, pillole e effetti collaterali. Ognuno mi ha raccontato la sua storia, in ognuno i momenti di sconforto ma anche la forza di vivere nonostante il virus e tutto quello che porta con sé.
L'articolo, con il suo linguaggio crudo ed un po' pessimista, era per quei sieronegativi che ancora non fanno sesso sicuro pensando, disinformati, che la cura sia il piccolo rischio che corrono per il loro futuro. Io volevo far sapere loro che questo rischio è reso grande dalla potenza, anche negativa, dei farmaci e dal decorso aleatorio della cura. Qualche compagno di sventura mi ha scritto consigliandomi omeopatia o fitoterapia, dove loro stessi cercano aiuto, ma ho perso troppi amici che seguivano questa strada per potermene ora fidare io.
Trovare qualcuno che aveva vissuto le stesse ansie li ha fatti sentire meno soli. Ma è soprattutto trovare uno che ne parlasse in pubblico, che sancisse lecito tirar fuori queste cose. Tenere dentro certe quotidiane sofferenze, per vergogna o per non suscitare schifo negli altri, aggiunge stress allo stress. Tacere è un trauma che si sovrappone al trauma della malattia e dei farmaci. Nascondere le paure nei momenti di sconforto a volte può far più male della malattia stessa.
Da tutte le lettere traspariva la gioia di esserci, di aver vinto la prova, di essere sopravvissuti al terremoto, di aver ricostruito meglio di prima. L'orgoglio di poter dire che dalla malattia siamo riusciti a trarne anche un beneficio: una maggiore coscienza, una grande serenità. Rivelare le proprie debolezze senza la paura che si ritorcano contro di noi. Il bisogno di essere amati per come si è, senza nascondere nulla.