Oggi voglio ricordare la mia zia preferita, Antonietta Utzeri, nata a Siurgus Donigala (Sardegna) e sorella di mia madre Zoraide.
Veramente di ricordi ne ho tantissimii e quasi tutti molto belli e divertenti, dal momento che Antonietta era veramente una donna solare, positiva, simpaticissima, affettuosa e di una bontà infinita. Lei visse a Firenze per trent'anni in Via Filangieri (nella zona detta "delle Cure") e praticamnente ogni anno d'estate io e mio fratello trascorrevamo lunghi periodi presso di lei, in un appartamentino piccolo, ma luminoso e accogliente, pieno di tante piccole belle cose, che rispecchiava in pieno la sua personalità.
Per adesso però mi limiterò a ricordare due episodi accaduti in due periodi molto diversi della mia vita. Nel primo eravamo ad Avezzano, presumibilmente nell'anno 1960 ed io avevo sei anni. Era estate, molto probabilmente nel mese di luglio perchè ad agosto solitamente ci recavamo a Sabaudia con la famiglia per trascorrere le vacanze al mare.
Era una bella giornata, ma non molto afosa, e mia zia prese me, mio fratello Carlo e il cane Box (che la adorava!) e ci disse: -Andiamo a farci una passeggiata!- e così ci avventurammo per una stradetta di campagna.
Premetto che la nostra casa era in una zona periferica e che in quel periodo la gente era tranquilla, la parola "delinquenza" non faceva parte del nostro vocabolario anche perchè gli avezzanesi (e gli abruzzesi in genere) erano buoni come pezzi di pane, come forse lo sono tuttora. E così cominciammo a camminare...la campagna era ancora tutta verde, considerando che ad Avezzano spesso nevicava fino a maggio e a giugno avevamo ancora i termosifoni accesi, e vedevamo i pastori con le loro greggi, i terreni coltivati ad ortaggi ed i covoni di fieno sparsi qua e là e tutt'attorno, le alte e selvagge montagne che delimitano la Conca del Fucino: insomma, un'atmosfera veramente rilassante ed idilliaca per una bambina di sei anni.
Io ero felice perchè ho sempre amato fin da piccola le passeggiate all'aria aperta, soprattutto quando si tratta di esplorare luoghi sconosciuti, e cammina cammina, cominciava a farsi tardi. Eravamo usciti di pomeriggio, dopo pranzo, ed erano passate un paio d'ore....Così mia zia ci disse: -Beh, forse sarà il caso di rientrare...-
Ma evidentemente sbagliammo direzione (in famiglia era noto il suo scarso senso dell'orientamento, eh eh!!)
Così alla fine, un pò preoccupata, si decise a chiedere ad un contadino:
-Mi scusi, per Avezzano ci vuole molto?- e lui: -Eh, signora! Avezzano è dall'altra parte, dovete tornare indietro verso là- indicando una direzione.
Dinnuovo mia zia: -Ma siamo molto distanti?- e lui: -Almeno un'oretta!-
Oh, mio Dio!! Il sole intanto cominciava a calare (in quegli anni d'estate l'ora legale non esisteva ancora).
Così tutti e quattro dovemmo affrettare il passo (compreso Box, naturalmente!) e quando infine arrivammo a casa all'imbrunire eravamo stanchi, distrutti, piedi e gambe doloranti, e trovammo mia madre su tutte le furie che sgridò malamente la povera zia dicendogliene di tutti i colori:
-Incosciente, scriteriata!!!! Dove hai portato i miei bambini?- Ecc ecc.
Sgridate veramente ingiuste! Ricordo infatti che mentre mi toglievo le scarpe, con i piedi gonfi e le gambe che mi facevano male, e mi preparavo ad un bel bagno ristoratore, avevo dentro di me un'indescrivibile sensazione di gioia e di profondo appagamento per aver vissuto quella serata così magica ed avventurosa, forse la prima della mia vita, che è rimasta e rimarrà uno dei più piacevoli ricordi legati alla mia infanzia!

E adesso, compiendo un balzo in avanti di più di 20 anni, siamo a Cagliari nell'anno 1982.
Io reduce dal morbillo (alla veneranda età di 27 anni!!). Avevo passato un mese di marzo di inferno, 15 giorni a letto con un mal di gola alluciante, febbre quasi fissa a 39 e mezzo,dolori dappertutto, tosse asinina, vomiti, intestino bloccato e bolle in tutte le parti del corpo: il mio viso era completamente rosso e gonfio, compresi gli occhi, ero veramente molto simile ad un pesce-palla, un mostro!!!
Quando finalmente mi ripresi, in una piacevole e tiepida giornata di aprile mia zia, che era a Cagliari con noi in quel periodo, mi disse: - Andiamo a farci una passeggiata?- Eh eh eh.... -Sììììì!!!! E dove andiamo?- e lei: -A perderci in Castello!!-
A me non sembrò vero. Mi armai di macchina fotografica (una Mamiya, me la ricordo ancora) e ci dirigemmo verso il quartiere di Castello (allora abitavamo in Viale San Vincenzo).
Perdersi in Castello sembrerebbe quasi impossibile, dal momento che si tratta del quartiere storico più antico di Cagliari ed è formato praticamente de quattro strade principali in tutto: Via Fossario, Via Cannelles, Via La Marmora e Via dei Genovesi.
Eppure ci riuscimmo!!! Infatti queste quattro strade sono intersecate da vicoli e vicoletti e stradine secondarie (basti pensare che una di esse si chiama tutt'ora
"Via Stretta" per rendere un'idea) ed ecco che si capisce un pò meglio come facemmo a perderci.....
Il quartiere di Castello è piuttosto tetro, sia per gli alti e cupi palazzi, alcuni decrepiti e in quegli anni non ancora ristrutturati, strade buie e strette con un forte odore di muffa e di stantìo che scaturisce dai "sottani" (nell'82 erano ancora tantissimi) e inoltre ci si imbatte qua e là in piazzette, ricavate dallo sventramento di palazzi distrutti dalle bombe del 1943. Per me era ed è tutt'ora veramente angosciante lo spettacolo di quei palazzi in piedi a metà, con ancora visibili gli intonaci colorati delle camere che non esistono più e dove probabilmente sono morte anche delle persone durante i bombardamenti. Più di una volta ho avuto la netta sensazione passando in quei luoghi, di sentire le urla di chi stava per morire schiacciato dai detriti o dall'esplosione delle bombe e di respirare la puzza dei cadaveri e del disinfettante che veniva spruzzato per scongiurare il pericolo di epidemie, nonostante io sia nata dopo la seconda Guerra Mondiale.
Scusate la mia crudezza, ma chi non conosce la guerra, deve sapere queste cose, una barbarie, una carneficina,una devastazione, fame, lutto, violenza inutile, orripilante, il cancro più grande dell'umanità.
Eppure ciò nonostante mi sentivo e continuo a sentirmi attratta da quei luoghi.
Ma in Castello puoi trovare anche scorci pittoreschi, terrazzine e corridoi che vanno da un palazzo all'altro, porticati e avanzi di porticati molto particolari, bellissime chiese, musei, portali massicci e ingressi maestosi con ampii scaloni di palazzi nobiliari, soffitti affrescati, lenzuola colorate stese da un balcone all'altro e odore di minestrone o di pesce arrostito che si diffondono nell'aria.
Io mi divertivo a fotografare questi scorci caratteristici e con mia zia ridevamo e passando nella "Via Stretta" spalancando le braccia: -Guarda, zia! Ci passo appena!!- ci siamo perse e dentro la mia testa mi rigirava in modo ossessivo il "Poco Allegretto e Grazioso", cioè il terzo movimento della Sinfonia n.1 op.68 di Brahms.....eh, Johannes, sempre lui, vecchio amico della mia adolescenza, della mia giovinezza e della mia maturità.... Quel ritornello dell'episodio centrale,(il Trio) così volutamente ossessivo e ripetitivo, solare ma inspiegabilmente angosciante anche se in Si Maggiore,mi dà la sensazione di perdermi in un labirinto e si adatta perfettamente a descrivere quei luoghi sinistri e l'avventura di quel giorno....
E poi naturalmente ritrovammo la strada che ci ricondusse alla "Porta Cristina" e scendendo verso il "Terrapieno" rientrammo a casa esauste, ma raggianti, felici!!
Grazie, zia Antonietta, per avermi regalato questi momenti indimenticabili, grazie per la tua spensieratezza, per il tuo buonumore, per il tuo ottimismo, per la tua simpatia.....tutte qualità che mia madre non possedeva o forse possedeva solo a sprazzi (almeno con noi figli).
Credo fortunatamente di aver preso molti lati buoni da te, sennò forse a quest'ora sarei ancora più sola ed isolata di quello che sono o forse non ci sarei veramente più. Purtroppo da te devo aver ereditato anche almeno una cosa negativa..........
la cistite cronica, ahimè!!!!! Ahahahaha!!!! :-)



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