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Maiolo (RN). Chiesa di Santa Maria in Antico. Pila acquasantiera del XV° secolo - Church of Holy Mary in Antico; Holy water font of the XV° Century


Santa Maria in Antico, con accento sulla prima A.
Altre storie e tesori, lungo il fiume che dal Fumaiolo corre all’Adriatico. Dove ‘parole’ e ‘cose’ diventano un tutt’uno, com’è nella mentalità della gente di queste parti. Ebbene, poco lungi dal torrente Prena , sulla carrozzabile che da Novafeltria porta a Pennabilli, protetto da un pugno di case, sta il tempio monumentale di Santa Maria di Antico, dedicato alla Beata Vergine e impreziosito- per i cultori dell’arte- da una pregevole statua di Luca della Robbia che raffigura, appunto, la Madonna con il Figlio in braccio.
L’edificio sacro stava, in origine, ai piedi del castello d’Antico che già ‘più non esisteva’ in un censimento del 1371 della ‘regione feretrana’, ordinato dal cardinale Anglico. Demolito,probabilmente, come tante altre ‘ingegnose opere d’arte turrite’ di questa contrada ‘ inclusa nella provincia di Romagna e comprendente molti monti e molti castelli’, dal furore delle controversie tra potentati locali. Ad incantare, nella primordiale quiete del posto, sono al primo impatto la facciata, il portale ed una finestra circolare in pietra. E subito dopo due sorprendenti rilievi come quelli di un Padre Eterno che reca in mano un globo e di una Madonna che protegge sotto l’amorevole manto una schiera di soldati inginocchiati ed oranti. Quesiti sulla costruzione e quanto in esso sopravvive, manco dirlo, abbondano. C’è stato infatti chi maledì il ‘barbaro restauro moderno’ datato 1908; mentre altri, dopo avere asserito che posteriore ed anteriore sono stati edificati in una sola volta nel 1484, aggiunsero che ‘se il portale appare più antico, dipende solo dal fatto che esso è stato lavorato più dozzinalmente’. Diatribe tra esperti. Che ci si può mettere alle spalle, però, allorquando si decisde d’immergersi nell’angusta navata interna pervasa da una penombra di luce che ravviva la presenza divina. E con alle pareti innumerevoli ‘tracce’ d’epoche trascorse, grazie ad alcune opere d’arte ancora presenti e soprattutto grazie ad una minuscola cappella dove venerare la candida Madonna delle Grazie d’artista fiorentino. In una memoria manoscritta infatti conservata ( fortunosamente) in copia dal cavalier Luigi Bartolini, quest’ ultima opera fu acquistata a Firenze tra il 1440 e il 1450, per ordine dei Confratelli dal cappellano del tempio- certo don Luigi Bernardi- presso il famoso artista Luca della Robbia, con il pagamento di monete fiorentine 16 e l’aggiunta d’altre nove per spese e trasporto.
Nel 1963 il Ministero stanziò un milione di lire per i restauri al tetto di Santa Maria di Antico. Ma sistemato il tetto, comparvero subito problemi al campanile, tanto che un’ordinanza del sindaco di Maiolo del giugno 1965 sospese il suono delle campane. Due anni più tardi iniziarono lavori di restauro complessivo con lavaggio dei muri, consolidamento delle fondazioni e altre iniezioni di cemento. Vennero anche consolidati il portale e sostituito l’architrave; mentre il campanile fu reso finalmente sicuro. Tra il ‘69/’70 la Sopraintendenza di Urbino fece restaurare l’affresco raffigurante San Nicola e Santa Lucia. Nel 1967 infine la chiesa riaprì al culto, dopo una sospensione di quattro anni circa. Questa, in breve, la storia recente di questa chiesa ancora ( parzialmente) avvolta nel verde. Perché quella zona si chiamò Bosco prima d’Antico; e che ‘bosco’ tornò ad essere neanche molti anni fa una volta arginato il deprecato esodo dalla Valle. Oggi, nonostante tutto quel che si va dicendo, ‘ la vegetazione scapezzata e tenuta a bada dai contadini’ sta rifasciando l’Appennino. Sta rifasciando anche le ‘rughe’, o alture, dove affondavano tanto le fondamenta del castello di Bosco avuto in dono nel 984 dal primo conte Oliva dall’imperatore germanico Ottone III, quanto quelle della chiesa di Santa Maria d’Antico. Un tesoro da cercare e da scoprire per riflettere di noi, della vita, di Dio. D’amorevole e grigia pietra, depositato dal tempo poco sopra quella strada di valle che fu – ad un certo punto della storia – oltre che spettatrice di scorrerie e contese, anche un transito del messaggio cristiano nel Montefeltro, ‘raccontato in più riprese da una fitta trama di pievi, chiese castellane e cappelle rurali, monasteri e perfino dalla ricca toponomastica derivata da nomi di Santi’.
Roberto Vannoni.
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Altre storie e tesori, lungo il fiume che dal Fumaiolo corre all’Adriatico. Dove ‘parole’ e ‘cose’ diventano un tutt’uno, com’è nella mentalità della gente di queste parti. Ebbene, poco lungi dal torrente Prena , sulla carrozzabile che da Novafeltria porta a Pennabilli, protetto da un pugno di case, sta il tempio monumentale di Santa Maria di Antico, dedicato alla Beata Vergine e impreziosito- per i cultori dell’arte- da una pregevole statua di Luca della Robbia che raffigura, appunto, la Madonna con il Figlio in braccio.
L’edificio sacro stava, in origine, ai piedi del castello d’Antico che già ‘più non esisteva’ in un censimento del 1371 della ‘regione feretrana’, ordinato dal cardinale Anglico. Demolito,probabilmente, come tante altre ‘ingegnose opere d’arte turrite’ di questa contrada ‘ inclusa nella provincia di Romagna e comprendente molti monti e molti castelli’, dal furore delle controversie tra potentati locali. Ad incantare, nella primordiale quiete del posto, sono al primo impatto la facciata, il portale ed una finestra circolare in pietra. E subito dopo due sorprendenti rilievi come quelli di un Padre Eterno che reca in mano un globo e di una Madonna che protegge sotto l’amorevole manto una schiera di soldati inginocchiati ed oranti. Quesiti sulla costruzione e quanto in esso sopravvive, manco dirlo, abbondano. C’è stato infatti chi maledì il ‘barbaro restauro moderno’ datato 1908; mentre altri, dopo avere asserito che posteriore ed anteriore sono stati edificati in una sola volta nel 1484, aggiunsero che ‘se il portale appare più antico, dipende solo dal fatto che esso è stato lavorato più dozzinalmente’. Diatribe tra esperti. Che ci si può mettere alle spalle, però, allorquando si decisde d’immergersi nell’angusta navata interna pervasa da una penombra di luce che ravviva la presenza divina. E con alle pareti innumerevoli ‘tracce’ d’epoche trascorse, grazie ad alcune opere d’arte ancora presenti e soprattutto grazie ad una minuscola cappella dove venerare la candida Madonna delle Grazie d’artista fiorentino. In una memoria manoscritta infatti conservata ( fortunosamente) in copia dal cavalier Luigi Bartolini, quest’ ultima opera fu acquistata a Firenze tra il 1440 e il 1450, per ordine dei Confratelli dal cappellano del tempio- certo don Luigi Bernardi- presso il famoso artista Luca della Robbia, con il pagamento di monete fiorentine 16 e l’aggiunta d’altre nove per spese e trasporto.
Nel 1963 il Ministero stanziò un milione di lire per i restauri al tetto di Santa Maria di Antico. Ma sistemato il tetto, comparvero subito problemi al campanile, tanto che un’ordinanza del sindaco di Maiolo del giugno 1965 sospese il suono delle campane. Due anni più tardi iniziarono lavori di restauro complessivo con lavaggio dei muri, consolidamento delle fondazioni e altre iniezioni di cemento. Vennero anche consolidati il portale e sostituito l’architrave; mentre il campanile fu reso finalmente sicuro. Tra il ‘69/’70 la Sopraintendenza di Urbino fece restaurare l’affresco raffigurante San Nicola e Santa Lucia. Nel 1967 infine la chiesa riaprì al culto, dopo una sospensione di quattro anni circa. Questa, in breve, la storia recente di questa chiesa ancora ( parzialmente) avvolta nel verde. Perché quella zona si chiamò Bosco prima d’Antico; e che ‘bosco’ tornò ad essere neanche molti anni fa una volta arginato il deprecato esodo dalla Valle. Oggi, nonostante tutto quel che si va dicendo, ‘ la vegetazione scapezzata e tenuta a bada dai contadini’ sta rifasciando l’Appennino. Sta rifasciando anche le ‘rughe’, o alture, dove affondavano tanto le fondamenta del castello di Bosco avuto in dono nel 984 dal primo conte Oliva dall’imperatore germanico Ottone III, quanto quelle della chiesa di Santa Maria d’Antico. Un tesoro da cercare e da scoprire per riflettere di noi, della vita, di Dio. D’amorevole e grigia pietra, depositato dal tempo poco sopra quella strada di valle che fu – ad un certo punto della storia – oltre che spettatrice di scorrerie e contese, anche un transito del messaggio cristiano nel Montefeltro, ‘raccontato in più riprese da una fitta trama di pievi, chiese castellane e cappelle rurali, monasteri e perfino dalla ricca toponomastica derivata da nomi di Santi’.
Roberto Vannoni.
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