Errata corrige
di Pigi Mazzoli
pigi.mazzoli@libero.it
(pubblicato in "Pride", marzo 2005)

“Errata corrige” è la frase latina che indicava gli errori alla fine di un libro. Si stampava, a quei tempi, tanto lentamente che arrivati alla composizione dell’ultimo foglio già si erano trovati gli errori esistenti nelle pagine precedenti. Fate conto che questa pagina sia l’ultima di una serie e permettetemi di chiosare me stesso.
Me ne dà occasione il lettore Federico. Mi fa notare che nelle mie asserzioni tendo ad essere assoluto, e che la visione delle cose può essere più complessa di come io abbia cercato di teorizzare. Il pezzo a cui si riferiva, “Mano nella mano”, di gennaio scorso, finiva con un asserzione, un po’ epica e quindi anche ingenua, che io e il mio fidanzato avremmo camminato mano nella mano sfidando la violenza omofoba. Il nostro lettore ha subìto violenza in circostanze analoghe. Mi scuso con lui per la leggerezza con cui ho trattato un problema, la violenza, che è sempre serio e richiede considerazione.
Quello che cerco di dimenticare è che non sto scrivendo un libro, come vorrei, ma frammenti mese per mese. Federico è un nostro nuovo lettore, e con lui mi sono scusato privatamente, ma chiarendo che in queste pagine ho scritto di tutto e il contrario di tutto, non per un calcolo di equilibri, ma proprio perchè cerco di conservare quella mia insicurezza che in cambio mi dà, mi dovrebbe dare, meno certezze e quindi più duttilità di pensieri.
Federico mi scrive cose intelligenti. Fra l’altro dice: “Ho avuto come tutti una vita diversificata, fatta di benessere e tristezza e, se ci si limita a considerare solo la mia sessualità, ho trovato sulla mia strada (di nuovo come tutti) alcune porte aperte e altre chiuse. Ciononostante, sono andato avanti e posso ritenermi ora più che soddisfatto della mia vita personale come di quella professionale. Credo –in maniera idealistica ma non troppo- che se si possiede una forte integrità intellettuale ed emotiva (potrei anche dire orgoglio di identità), le cose prima o poi non possono non andare in porto e ne sono convinto non solo a causa della mia esperienza ma anche di quella di molti amici miei e di personaggi che in un modo o nell’altro si sono imposti in questa società in cui i gay non vengono SEMPRE trattati come meritano. Una società ovviamente difficile, anzi molto difficile, così difficile che a volte è davvero comodo prenderla come capro espiatorio per le nostre insoddisfazioni, oppure ancora peggio, come giustificazione per le cose che non siamo riusciti a fare pur volendole a tutti i costi”. Federico è un trentunenne giramondo, Io invece sono un quarantottenne pantofolaio. Dal prossimo mese credo che dovrò riciclarmi come storico sui “favolosi anni settanta” oppure come specialista di pettegolezzi televisivi.
Forse non sono neppure più adatto per fare quello. Passando distrattamente da un canale all’altro in seconda serata, ho trovato Magalli che discettava di omosessualità. Ho tratto sùbito le conclusioni e posso affermare che ormai in Italia le nostra lotte, le nostre rivendicazioni, sono cose del passato, non perché ora siamo pari, ma perchè han fatto di noi polpette. Ben vengano fascisti e leghisti coi loro epiteti, la terra dove il “finocchi” e “culattoni” suona, la sento di nuovo come mia.

Un mondo a rovescio. Ora anche il Vaticano ammette che è meglio usare i preservativi che infettare il prossimo. Cosa sta succedendo?
Mi rifugio su la7 che, assieme a Raitre, sembra l’ultima possibilità per un teledipendente di sinistra. “Angels in America” non è il mio genere, cerco di vederlo, poi decido di registrare le altre due parti per vederlo in futuro, magari durante una crisi mistica abbracciato al mio Franco. Nessuna crisi mistica, ci vediamo solo da venerdì a domenica, ci rifugiamo nel privato e facciamo sesso, la televisione accesa a coprire i mugolii di piacere affinché non varchino i limiti del privato, cioè della nostra camera e non arrivino alle orecchie dei miei genitori, che sanno benissimo che si fa sesso, ma sentirlo sarebbe un imbarazzo inutile.
Non guardo i “magnifici 4” o i “fantastici 5”, tanto poco mi ha affascinato che non riesco a ricordare neppure il titolo del programma. Resto sconvolto, ancora una volta, vedendo le mezze pagine di Corriere che lo pubblicizzano assieme alla sua carta di credito sponsor. Credevo che le banche fossero serie e che il programma fosse gay. Pur attraverso frammenti, dopo alcune puntate, capisco che l’omosessualità è marginale, anzi assente. è l’ennesima attualizzazione dello stereotipo del frocio effemminato, strumento per una comicità a metà tra il cabaret e la telecamera nascosta. Alcuni indifferenziati (ai miei occhi) gay romani e uno milanese che giocano con la buona educazione e la cultura, con la stessa ingenuità dei bambini che giocano a marito e moglie. Mi vien voglia di proporre un controprogramma, serissimo, in cui dei froci, ma non è necessario che lo siano, anche eterosessuali, ma che con sapienza insegnino qualcosa a qualcuno di quelle migliaia di personaggi che si affacciano ineducatamente dagli schermi. Posso fare i nomi, conosco tante persone che ora, per il proprio cervello, non viene loro concesso di parlare a così tanti.

Errata corrige. Il mondo, il mio mondo, è cambiato e io non so se le mie idee su tutto ciò che è gay sono ancora sensate, ad esempio per il lettore di Pride che, di questo mondo, ne sa più di me.
Mi rifugerò a parlare ancora di sesso sicuro, annoiando chi già si comporta responsabilmente. Redarguendo chi, pur sapendo, considera con leggerezza il rischio. Istruendo, per quanto mi è possibile, chi ancora non sa bene.
Se facessi ora il piccolo schemino noioso, passereste tutti oltre, e non servirebbe a nulla. Lasciatemi tempo, i mesi prossimi. A chi, pur sapendo, non si protegge per leggerezza ricorderò ancora una volta le mie disgrazie da sieropositivo, e lo farò con tutta la malizia necessaria affinché partecipiate al mio piccolo grande dramma facendolo vostro, terrorizzandovi astutamente affinchè desideriate un futuro per voi diverso dal mio.
A chi invece non sa, e non sa neppure da dove incominciare a chiedere, stenderò come un tappeto la mia vita come in una seduta psicanalitica perché riconoscano nelle mie paure le loro paure. Paura di sporcare il sesso, tanto bello, con l’idea della malattia e della morte. Paura di affrontare la realtà quando si teme di essere stati contagiati da una di quelle invisibili entità che generano malattia. Dirò loro: “fortunelli! Ai miei tempi era peggio, si facevano gli esami di nascosto e ti guardavan male”.
Farò sedere tutti sulle mie ginocchia e, ammansendo con una facezia e destando l’attenzione con un’arguzia, snocciolerò una dopo l’altra tutte le malattie come fosse una filastrocca da imparare per far più bello il gioco.
Se servisse, per non farvi scappare alle prime sillabe di “malattia”, farò entrare i clown che gonfiando preservativi faranno pupazzetti, fiori e cappellini colorati.

Scusate se ogni mese stendo sulla pagina le mie ingenuità. Sono conscio di farlo anche per me. Trattatemi bonariamente, soprattutto le volte, come questa, in cui lo scritto si arrotola e per fare un ghirigoro si annoda malamente e risulta un pastrocchio.
È stato un mese duro, la terapia per l’HIV non funzionava e mi son rifiutato di iniziare l’ultima terapia possibile, quella delle due iniezioni al giorno. Direte che due iniezioni al giorno son poca cosa in cambio della salute. Lo so. Quello che mi spaventa è scoprire che l’ultima opzione possa non funzionare, non ne avrei altre. Preferisco riservarla per il futuro. Adesso una terapia leggera leggera, pochi effetti collaterali, tanto per riposare un po’, e sapere che se va male ho un’ultima scelta. Ancora un passo, ancora un passo...

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