a nudo

Diritti e rovesci.

In God we trust.
di Pigi Mazzoli
Pubblicato da "Pride", aprile 2003

Sono sincero, nel mio guardaroba c'è un campionario completo di marchi statunitensi, Schott, Timberland, Levis, ma anche cappelli da cow-boy o da baseball, e non associo questi prodotti più di tanto alla società americana. D'altronde riesco ad ammirare millenni di arte sacra, ed anche di quella pagana, senza per questo avere nessuna simpatia per la religione, per qualsiasi religione.
Così, anche se ho un grande desiderio di vedere dal vivo i grattacieli déco, i palazzi di Mies van der Rohe, le saune storiche o anche solo le spiagge sul pacifico mi sento trattenuto, anche un po' spaventato, dal sapere che là esistono leggi diverse. Ed ogni volta che un loro presidente parla, prima di tutto ringrazia dio, a volte come preambolo in cui proprio dio non dovrebbe entrare. Per contrasto questo riporta alla mia mente tutte le storie di ordinaria sopraffazione dove i poveri non hanno medicine, non hanno avvocati, non hanno scuole.

Questo per dire che non mi sono stupito, amareggiato, più di tanto alla lettura dell'ultimo numero di Positifs. Nel numero 53 campeggia in copertina un passaporto italiano con un visto USA di entrata brutalmente annullato con una croce sopra. Veniamo ai fatti. Era il 30 dicembre 1997, un giornalista italiano sieropositivo stava recandosi negli USA per un congresso medico, alla dogana gli trovano i suoi farmaci anti HIV, una croce sul visto e lo rispediscono indietro.
Vi sembra poco? Io, sieropositivo, ho sentito quella croce come fatta anche su di me. Mi fa venire alla mente i triangoli rosa dei nazisti. Se anche voi siete indignati scrivete la vostra solidarietà, la vostra contrarietà, a positifs.onlus@beactive.it
Certo che una nazione che ha il Klu Klux Klan non può che rivolgersi a dio.
Comunque, dato che questa rivista è anche molto ben fatta e riporta molte utili notizie per chi è sieropositivo (ma non solo, anche per chi è sieronegativo, ad esempio qualche numero fa ha spiegato con chiarezza quali siano i problemi dell'Africa in fatto di HIV e quanto questo riguardi anche noi), se volete una mano ad aprire un po' gli occhi richiete che vi venga spedita inviando un fax al numero 06 63 80 749 o una e-mail sempre all'indirizzo positifs.onlus@beactive.it

La prima volta che ho dichiarato, con nome e cognome, la mia sieropositività è stato proprio nel dicembre del 1997 con un articolo sul mensile Babilonia. Presi il coraggio di espormi perché ero indignato dal fatto che intorno a me vedessi o rifiuti o, peggio, cecità rispetto a quella pesantissima condizione che è essere sieropositivi. Se il rifiuto ci indigna e ci fa reagire donandoci nuova forza, l'invisibilità invece ci fa chiudere in noi e allontanare dagli altri, per questo è peggio.
Neppure immaginavo che in altre parti anche i diritti civili venissero negati. Che negli USA solo chi ha la possibilità economica possa accedere ai farmaci lo sapevo, ma ero, sono forse ancora, troppo occupato a pensare alla mia salute per farmi carico dei problemi che stanno al di là dell'oceano. Perdonate il mio piccolo egoismo, tutti hanno dei limiti.
Per cui sono ancora qui, con nome e cognome, a ricordarvi, a ricordare a tutti noi, che si può e si deve vivere al meglio, anche col virus. Che si deve strillare se si pensa che i nostri diritti siano calpestati in qualche modo, anche solo quando l'atteggiamento degli altri ci vorrebbe invitare a tacere e tenere per noi il nostro caso, per non disturbare.

Ho cancellato dalla mia pagina web le foto di nudo e di sesso.
Quando entrai nel mondo di internet mi accorsi che esisteva un diffuso anonimato, e soprattutto scoprii che anche qui vigeva la legge del fare e non dire. Questo si sommava alla mia idiosincrasia per i vestiti. Io non credo di essere esibizionista ma sento i vestiti e il sesso fatto di nascosto come cose innaturali. Per di più navigando nel web vedevo che il nudo era spesso associato al concetto, del tutto relativo, del bello. Una vecchia storia da bigotti, come quei discorsi secondo cui una bella ragazza ha il diritto di mostrarsi nuda in spiaggia ma non un signore anziano, perché ci disturba vederlo.
Per cui trovai politico mettermi nudo, io, ciccione, così distante dalle statue greche. E ancora sarebbero lì quelle foto se non fosse che, pur spiegandone il significato, per molti rimanevano solo un'offerta di sesso. Essendo in coppia è giusto che io le abbia ora cancellate. Ad onor del vero alcuni capirono il messaggio politico del mostrarsi nudo e mi sono giunte lettere di ringraziamento per essermi mostrato senza pudore con tutti i miei difetti, per aver parlato dei miei desideri senza nascondermi dietro a maschere di rispettabilità, per aver candidamente dichiarato la mia sieropositività senza paura di essere emarginato. Anche quest'appuntamento su Pride è nato con l'intento di dire quello che di solito è sconveniente dire, a nudo, appunto, senza pudori. Anche se qualche volta può disturbare.

Parlavo con un amico gerontofilo, felice di esserlo, e mi raccontava trasognato della bellezza del suo amico novantenne, della fragilità del suo corpo, della cedevolezza delle sue carni, della serenità della sua vita. Una volta anch'io avevo orrore della vecchiaia, dei suoi effetti sul corpo, ora un po' meno e posso vedere i segni del tempo sul mio corpo come un'aggiunta e non come una mancanza. Ne sono orgoglioso, e sono orgoglioso anche del mio fidanzato che mi apprezza tanto. Fossi solo, non so se sarei tanto sereno, soprattutto davanti allo specchio.

E se il corpo che invecchia è naturale e quasi facile da accettare, lo sono di meno gli handicap o le trasformazioni o mutilazioni repentine di un incidente. Ricordo con dolore le storie sentite ai bastioni di porta Venezia, quando era un posto di socializzazione per i gay, uno dei pochi. Una storia in particolare, di un uomo con un arto artificiale che si toglieva la protesi di nascosto nel letto; il dolore è al ricordo della mia insensibilità di allora, quando chiesi che mi venisse indicato chi fosse per evitare di finire sotto quelle lenzuola.
Un'altra storia, ero col mio amico, ormai scomparso, Franco Barbiani. Lui era molto attivo nel campo sociale e sempre aiutava chi aveva bisogno. Un sabato sera andai da lui per poi recarci allo Stivale, il bar leather ora chiuso. Lo trovai con in braccio un fagottino, un uomo dall'età indefinibile senza gambe né braccia. Chiesi se c'erano problemi ad andare in un locale gay, se la gente lo disturbasse, rispose che ne era felice. Io ero un poco imbarazzato, lo ammetto, ma il molto maggiore imbarazzo che ebbero gli altri avventori nel vederci col fagottino in braccio mi fece capire quanto a volte siamo superficiali. Quella persona era molto simpatica, divertente, per nulla triste (come avrei immaginato) e ringrazio il mio amico che mi insegnò anche quella volta qualcosa.

Anni fa ho conosciuto tramite una chat in internet un ragazzo paraplegico. Sono stato contento di avere la casa abbastanza spaziosa da permettere le evoluzioni della sua carrozzina. Eravamo entrambi un po' imbarazzati, credo che anche lui non volesse turbarmi, tanto quanto cercavo di non turbarlo io. Siamo rimasti forse troppo circospetti, troppo attenti a non ferire, a non imbarazzare, per poter capirci davvero a fondo, e me ne dispiace. Era molto atletico, rimasi colpito che riuscisse a salire il gradino del marciapiede con un sol balzo, a forza di braccia, trovai la cosa erotica e un poco ne rimasi turbato. Ci si turba nel dubbio che sia una diversità ad eccitarci e non una perfezione. Anche un mio amico che lo incontrò dopo di me era molto imbarazzato, non sapeva cosa potesse fare, cosa potesse domandare. Soprattutto temeva che un eccesso di delicatezza suonasse come un rifiuto della sua realtà. Ci rincuorammo a vicenda, scoprimmo che per entrambi era un gran bel ragazzo, e scoprimmo che eravamo almeno in due al mondo a non pensare che spostarsi in carrozzina potesse rendere non attraente una persona.

Avrei voluto chiedere di più al mio amico paraplegico, ma temevo che scambiasse la mia serena curiosità per un morboso interesse per il mostruoso, che è a volte nella natura umana. Gli ho usato un poco di violenza, chiedendogli della sua fisiologia, dei suoi sentimenti. Forse non era abituato, o forse era abituato a interessamenti meno benevoli. Ho cercato di essere sincero, spontaneo, sereno. Spero l'abbia capito. Non era facile per me e non deve essere mai facile neppure per lui. Ma ero molto contento di trovarlo molto attraente. Mi bruciava ancora il ricordo di quello con l'arto finto che avevo evitato, per fortuna il tempo mi ha un po' cambiato.