I fantasmi erotici.
Quanti volti mai avuti ci inseguono nei nostri sogni?
di Pigi Mazzoli
Pubblicato in "Pride", luglio 2001

Potremmo svolgere un'indagine sui nostri fantasmi erotici semplicemente catalogando i soggetti della sterminata produzione di film pornografici gay. Ma siamo sicuri che questo rispecchi veramente la varietà dell'immaginario gay ? Veramente neri superdotati, poliziotti cattivi e studenti di college sono al vertice nei nostri sogni?

Vent'anni fa, a casa di un amico, trovai, con mia sorpresa, una serie di video etero porno. Gli offrii in prestito i miei video gay golosamente copiati in giro. Mi spiegò che si eccitava solo con i video etero perché si identificava nella donna. Ero più orripilato che stupito che lui si dovesse identificare nella parte del (della!) protagonista. Io non mi identificavo in nessuno, per me erano solo corpi desiderati, catalogati nella mia mente per sguardo, muscoli, coscie, cazzi, chiappe e abilità amatorie. Era ancora la gioventù, di quando si fanno due seghe a casa prima di uscire per un incontro per non durare solo cinque minuti con l'altro. E poi se ne facevano altre due al ritorno ricordando l'atto appena compiuto. L'esuberanza consumava rapidamente gli stimoli e ne cercava sempre di nuovi. Pochi abitavano da soli, non si potevano passare le notti fuori casa, non c'era l'automobile, non c'erano le dark. I video supplivano a tutto questo (noi pochi fortunati che possedevamo un videoregistratore). Ma anche quando si poteva vivere liberamente non sempre ad ogni incontro corrispondeva quel sesso desiderato: spesso erano deludenti scopate. Gente imbranata, bloccata, egoista. Ci si usava e ci si usava male. Nei video era diverso. E veramente pensavo che andando in America avrei trovato quei marinai che "fanno tutto", che mi sarei ritrovato al bordo di una piscina con quattro corpi muscolosi abbronzati che spartivano il mio piacere con buchi del culo elastici e cazzi che non accennano mai a smollarsi. Qui invece "no, nel culo no, mi fa male" e "io non bacio" o "io non lo prendo in bocca". E quasi sempre "io non ho una casa libera" a cui seguiva "neanch'io", e giù a fare cose scomode e mal fatte in luoghi pericolosi. Poi certe sere d'estate quando certi parchi erano più pieni e c'era più possibilità allora trovavi quelli che non venivano perché dovevano farsene almeno cinque e non sprecavano certo un orgasmo con te che eri magari solo il terzo. Ma questo succede ancora. Fra quei cespugli, allora, aleggiava il mio fantasma erotico. Lo riconoscevo perché era inondato dal sole. I suoi lineamenti erano chiarissimi, non erano i tratti da indovinare al buio dietro le tende del One Way. E parlava con voce calda, e rideva. Non erano le facce spaventate o i grugni, induriti ad arte per sembrare altro, che si incontravano nelle gallerie buie del cinema Impero. Il mio fantasma era diverso, veniva direttamente da quel sogno fatto da adolescente. Ero nell'Arcadia, lì incontrai il mio pastorello nudo che beveva chinato su di un ruscello. Io gli andai dietro senza parlare, lo penetrai stringendolo a me, lui non si lamentò ma mi sorrise. Mi svegliai con le lenzuola macchiate di fresco. Ho un debito con la letteratura.
Avrei voluto sentire il rumore di quel ruscello durante gli incontri che inanellavo come al carniere di un cacciatore affamato. Invece, se era a casa di qualcuno, c'erano dischi e musicassette. Sono arrivato ad odiare Mina perché c'era sempre quando scopavo io, sembrava che nessuno fosse capace di scopare senza mettere su un LP di Mina. E poi le luci basse, quando non era quasi buio. Volevo dire "accendiamo la luce e scopiamo" ma non lo capivo ancora. Ero convinto che si dovesse fare nella penombra e con la musica. Eppure nella pineta di Lido di Classe la musica non c'era, ma non me ne accorgevo. Lo consideravo ugualmente un luogo di ripiego rispetto ad un letto in una casa.
Una casa. Sarà stato per quello che li cercavo tutti uguali, magari avrei voluto fosse sempre lo stesso, nella stessa casa. Come certe signore milanesi che chiamano Sofonisba ogni loro cameriera che si sussegue a servizio indipendentemente dalla loro nazionalità illudendosi di averne avuta una sola fedele, così io sovrapponevo il mio pastorello su ognuno di quei ragazzi che mi seguivano e che mi davano cinque minuti, o cinque ore, del loro piacere. Mi illudevo di avere sempre lui e di essere sempre nella nostra casa. Quante volte ho fatto l'amore con quel fantasma, e quanto devo essere stato cieco e quanto non ho visto in quelle persone che sono passate tra le mie braccia. Finché non mi sono innamorato e ho sofferto. Perché innamorarsi delle persone vuol dire dover aprire gli occhi, vederne i difetti, vedere anche i propri egoismi. E tutte le difficoltà per costruire (la casa, il lavoro...) ma tutte le gioie che si pregustano. Ogni buco in affitto che mi proponevano lo vedevo già pieno di luce e col profumo di cibo nell'aria. Non era più l'Arcadia ma era la Terra. Ed era bella, non erano cinque minuti di stordimento ma erano mesi. Fino alla disillusione, alla rabbia, al dolore. Ed era allora un nuovo amore, un'altra estasi. Nuovi fantasmi iniziarono allora a seguirmi. Non era più il mio pastorello, chissà dov'era allora, chissà con chi, ormai smaliziato, stava scopando. Mi tornavano alla mente certi sguardi furtivi, di un pescivendolo in un mercato siciliano, di un padre al mare mentre accompagna la famiglia. Che con una scusa lsciano pesci e figli per farsi seguire in un cesso o dietro uno scoglio. A rubare quei cinque minuti con me, col rischio di essere scoperti. Per poi dopo, tornati nei loro ranghi, incrociare nuovamente i miei occhi con uno sguardo di complicità quasi criminale. Erano i miei primi incontri furtivi, mi erano sembrati allora delle occasioni mancate (fermare il tempo...) ma tornavano ora con tutta la loro carica erotica. Iniziai a godere veramente solo in questi incontri casuali e fortuiti. Era un nuovo fantasma. Di ogni incontro elaboravo raffinati racconti ad uso degli amici, per la loro frustazione più che per il loro eccitamento. E rivivevo quelle mosse in un'infinita moviola nelle mie notti nel mio letto quando lo sperma finisce in fazzoletti di carta. Qualche volta questi fantasmi si sovrapponevano ai nuovi video che arrivavano dall'America: il postino, il fattorino che viene per una consegna, l'idraulico che ti ripara il WC finivano spesso nei miei sogni e più raramente nel mio letto. Ma quando succedeva diventavano racconti memorabili ripetuti poi mille volte. Fu grazie ad un romanzo di Busi che capii che erano fantasmi. Quando dice di trovare eccitante un beduino incontrato nel deserto ma che se lo avesse incontrato in un locale gay lo avrebbe respinto orripilato per la sua bruttezza (non vi posso citare il brano, regalo i libri dopo averli letti). Non mi ero reso ancora conto che tutti quegli uomini erano fantasmi, non più solari ma tenebrosi, silenti, agitati. Quanta strada dovevo ancora percorrere per arrivare alla luce che svanisce ogni fantasma?
Il tempo passa, eccomi nel mondo reale, con gli occhi bene aperti, fidanzato, casa. So chi sono e so con chi sto, so che cosa sto facendo. Accetto il bene e il male, il bello e il brutto. Ma quando, un brutto giorno, va proprio male riecco i fantasmi. Come mai da qualche mese scopo solo con persone rapate a zero come il mio ultimo fidanzato con cui è finita tanto male? Il mio nuovo fantasma! Questa volta non ringrazio la letteratura, né i primi rapporti casuali. Ora devo ringraziare solo la vita che pare non ci conceda il rapporto perfetto che crediamo di meritarci. Che ci sbatte davanti la caducità delle cose, dei sentimenti. Quanti inseguono lo stesso ragazzo in tanti ragazzi?
Grazie ad un amore abortito a Londra mi sono ritrovato a inseguire fantasmi con cazzi da venti centimetri. Mi sono fatto la nomea di size-queen, che significa: uno che li cerca grossi, i cazzi intendo.
Ora le cose vanno bene, è un periodo che i desideri vanno di pari passo con la realtà (proprio pari pari no, ma ci si accontenta). Chissà chi sarà il mio prossimo fantasma, chissà quando. Spero mai più. Meglio un uovo oggi che una gallina domani. E poi l'uovo è una forma bellissima (è nel più bel quadro della galleria di Brera) e le galline sono tanto stupide.