AIDS: scienza e leggenda.
Tutto e il contrario di tutto.
di Pigi Mazzoli
Pubblicato in "Pride", settembre 2001

(prologo I)
Quando si parlava di AIDS ma non si conosceva ancora l'HIV già un mio amico stava morendo a Milano (era stato per un master negli USA per un anno). Tesi l'orecchio e sentii la notizia, da parte di scienziati israeliani, che l'assunzione di una mistura di lecitina di soia e olio di oliva proteggeva dal male. Dopo una settimana di questa disgustosa pappetta seppi che era un tentativo di incrementare le esportazioni dei prodotti agricoli del loro paese, come quando assicuravano che i pompelmi facessero dimagrire. Però mi è servito di lezione per diventare meno credulone.
Quando poi mi sono ritrovato sieropositivo mi sono sentito ugualmente come un povero sprovveduto che doveva affidarsi a un getto di dadi. Non sono sicuro di essere proprio quello che ha fatto le scelte giuste, e credo che solo a posteriori e solo in un futuro si potrà sapere cosa cosa fosse giusto e cosa sbagliato, o meglio, cosa sarebbe stato meglio e cosa peggio. Tutte le nostre conoscenze ci possono solo aiutare a cercare la strada migliore, ma l'indirizzo esatto nessuno ancora lo sa.
Non sono un medico, ma proprio per questo vi racconto con parole mie quello che ho dovuto capire quando mi sono trovato davanti alla necessità di scegliere tra strade che non conoscevo e non capivo.

(metodo scientifico)
Prima di continuare il discorso occorre fare un distinguo fra scienza e credenza (o scienza alternativa che dir si voglia). La discriminante è il metodo scientifico. Se un esperimento è ripetibile da chiunque ovunque allora si potrebbe dire che è vero. E per non influenzare i risultati cerco di condurre più volte lo stesso esperimento, alcune volte corretto (col farmaco, nelle condizioni indicate, ecc) ed altre volte con dei cambiamenti (senza farmaco, in altre condizioni, ecc.). Io che vedo i risultati non devo sapere quali siano gli esperimenti giusti (e nel caso di un farmaco neppure il paziente deve sapere cosa sta prendendo). Solo alla fine si confrontano i risultati e se corrispondono all'esperimento corretto allora posso dire che è provato. Un esempio pratico: prendo 10 persone a letto con 4O° di febbre, a 5 di loro do Aspirina, agli altri 5 do una caramellina bianca di zucchero (placebo). Chiedo all'infermiera di prendere loro la temperatura dopo 2 ore. Se si è abbassata la temperatura ai 5 con Aspirina e non agli altri allora posso dire che l'Aspirina è un farmaco che abbassa la febbre e che questo è scientificamente provato.

(effetto placebo)
Ma non è così semplice. Capita che anche chi prende una caramellina di zucchero credendo sia un farmaco possa sentirsi meglio oppure avere effetti collaterali negativi. Perché la convinzione di aver preso un farmaco influenza il nostro corpo attraverso la nostra mente. Si chiama "effetto placebo". Molto evidente nei piccoli malanni come mal di testa, insonnia, reumatismi ecc. ma assolutamente incapace di far ricrescere una mano amputata. Si pensa sia sempre presente (se so di aver preso un antidolorifico il dolore passerà prima, o almeno lo sopporterò meglio, di quanto non sarebbe se mi venisse dato a mia insaputa) per cui nelle sperimentazioni cliniche è meglio che il paziente non sappia se sta assumendo farmaco o no, altrimenti influenzerebbe i risultati (sentendosi meglio o stando peggio se è convinto che il farmaco sia tossico).

(conclusione I)
Capisco che possano essere cose noiose, eppure ho solo accennato al principio generale, nella pratica la sperimentazione è cosa assai più complessa. Per testare un nuovo farmaco sono necessari miliardi di investimenti e complesse procedure che coinvolgano decine di centri clinici con centinaia di pazienti. Grande aiuto viene dall'uso dei computer che permettono di estrapolare risultati dove la rilevanza clinica non sarebbe evidente. Solo col grande numero di storie cliniche che vengono confrontate si può capire come combattere quello stronzo dell'HIV.

(prologo II)
Già, perché fino a un certo punto si è andati un po' a tentoni, sperimentando vecchi farmaci, al massimo creando nuove sostanze che uccidessero, in vitro, il virus. Ma solo quello, e non il paziente. Ma, non chiedetemi perché, non si riesce ad uccidere il virus nascosto dentro a certe cellule e che continua a moltiplicarsi. Per cui si deve prendere sempre farmaco, sempre farmaci diversi per stare dietro alle mutazioni del virus, ed in quantità tali da dare effetti collaterali fastidiosi.
Ora viene annunciato un passo avanti. Hanno scoperto, e stanno sperimentando, una nuova classe di farmaci: gli inibitori della fusione. Attualmente si deve aspettare che il virus abbia infettato le cellule per poterle uccidere e quindi bloccare. Questi nuovi farmaci invece simulano la finestra di entrata del virus nelle cellule, si legano a lui, e lo rendono quindi incapace di attaccarsi alle cellule vere per inserire il suo genoma e moltiplicarsi. E lo fanno con una tale precisione che basta poco farmaco per avere efficacia. Questo significa che le nostre cellule rimangono intatte e che si hanno pure minori effetti collaterali. Non è ancora il vaccino, ma, come vedete, studiando le molecole si riescono a trovare medicine sempre più precise.
Di pari passo coi progressi della ricerca di nuovi farmaci sono progrediti anche i mezzi diagnostici. Esiste da poco un esame dal quale si vede quali farmaci sono attivi e quelli no. Con i risultati si può iniziare ad impostare una cura efficace.


(omeopatia)
Molti non si fidano della medicina ufficiale, perché non dà risposte precise (non potrebbe) o perché invece sembra darne troppe, per cui si rivolgono alle altre medicine. Ma sono scientifiche? Intendo dire: che garanzie ho che funzioni?
Cerco di spiegare l'omeopatia. Osservando che i raccoglitori di chinino avevano febbri ricorrenti simili a quelle della malaria, che si curava con piccole dosi del chinino stesso, si pensò che tutti i veleni, presi in piccolissime dosi, potessero curare i mali che davano effetti simili a quello stesso veleno (omeopatia = stesso male). Per avere queste piccolissime dosi che non facessero male si diluiva più volte nell'acqua la sostanza. Ma poi la scienza progrediva e si scoprì che la materia era fatta di molecole e che più di tanto non si poteva diluire. Quindi quella che si dava era acqua pura. Come giustificare allora a posteriori la nuova cura? Si pensò che l'acqua avesse la memoria, cioè che nell'acqua, in cui era stata agitata dentro qualche molecola, anche una sola, del veleno, rimanesse l'impronta. Anni fa i giornali titolarono a piene pagine "l'acqua ha la memoria" salvo poi scoprire che erano test falsificati da un paio di case farmaceutiche omeopatiche. Ma la smentita sui giornali fu data solo con un piccolo trafiletto. Ugualmente l'ipotesi è molto affascinante, come l'esistenza dei marziani o della trasformazione del piombo in oro. Per cui è molto diffusa. Eppure, anche se non è efficace come principio attivo, questa terapia ha il vantaggio di non avere effetti tossici ma di avere pur sempre il suo effetto placebo. Peccato che per vendere acqua fresca le case produttrici chiedano tanti soldi a chi è ammalato. Ricordo il caso di un mio amico di Milano, parrucchiere di grido, benestante, che, scoperta la sua sieropositività con la morte improvvisa del fidanzato, si affidò ad un omeopata. "Sai, mi cura con lo scuotimento dell'oro, e l'oro costa!" diceva. Non ci ascoltava, non voleva sentirne che in quelle pozioni di oro non ce ne fosse. Quando finì i soldi ed anche le sue difese organiche si sentì dire dal terapeuta: "Ora vada a curarsi in ospedale che io non posso fare più nulla per lei". Morì dopo pochi mesi. E' un caso limite, forse.

(fitoterapia)
La più vecchia delle terapie è la fitoterapia. Alcuni dei farmaci attualmente usati sono di origine vegetale. Gli antichi usavano la corteccia di salice per calmare la febbre? Noi abbiamo scoperto e sintetizzato il principio attivo e lo chiamiamo acido acetilsalicilico, cioè Aspirina. Ma con le piante non si cura tutto, non l'HIV. Molti sieropositivi usano queste terapie come coadiuvanti alla cura e soprattutto per alleviare certi effetti collaterali. Ma si deve fare attenzione all'interazione tra farmaci. Si è scoperto ad esempio che l'iperico, che si usa in fitoterapia come antidepressivo e come antiulcera, rende inattivo l'indinavir, uno degli inibitori della proteasi facendo così fallire le cure. Ed anche che l'echinacea, che si usa per stimolare le difese organiche, pare invece che le abbassi verso l'hiv. Per cui, finché non saranno meglio conosciute le interazioni fra farmaci antiretrovirali e fitofarmaci, forse è meglio non rischiare. E sempre comunicare al medico cosa si assume.

(altri coadiuvanti)
Nelle drogherie americane sono in vendita enormi barattoloni di capsule di vitamine e di sali minerali. Anche qui sta prendendo piede un po' questa moda. Perché a volte ci si imbottisce di sostanze solo sull'onda emotiva di qualche articolo letto o per suggerimento di un farmacista interessato a vendere. Se ci si riesce ad alimentare allora sarebbe meglio avere una dieta variata per apportare tutti gli elementi. Se ci si nutre di sole patatine fritte allora benvengano vitamine ed integratori. Necessari anche in certe patologie, come per chi ha assunto AZT per molto tempo, ma è il medico e i test clinici che indicano le necessità. Io ricordo gli amici prossimi alla fine costretti a nutrirsi di integratori e, finché sto bene, preferisco una bella tavola imbandita.
Essere sieropositivi o essere anche in cura con gli antiretrovirali è una grossa fonte di stress. I dati dicono anche che una persona su tre si rivolge a tecniche di rilassamento mentale o corporeo. Altri vanno in palestra.
Perché molti si rivolgono a tutte queste medicine alternative o a queste terapie complementari? L'infezione e la terapia portano con loro disturbi sottovalutati dai medici come nausea, insonnia, problemi dermatologici e psicologici. A volte questi rimedi vengono in soccorso meglio della medicina tradizionale e senza apportare una altro carico tossico all'organismo.
Un chiropratico non solo ti toglie il mal di schiena ma te la raddrizza pure, e senza rovinarti il fegato con antidolorifici. E anche se non credo nell'agopuntura molti agopuntori sono anche ottimi medici tradizionali e sanno ascoltare a volte meglio di uno psicologo. Che la cannabis sia il miglior rimedio per la nausea è ormai accettato anche dalle autorità americane. Basta scegliere.

(vacanza terapeutica)
Molte delle attenzioni dei ricercatori tendono alla semplificazione della cura, nel senso del modo di assumerla, perché una somministrazione semplificata, essendo meno fastidiosa, farà sì che meno persone abbandonino le cure. Ad esempio i nuovi inibitori della fusione ora in sperimentazione si devono somministrare con due iniezioni endovenose giornaliere, e questo si considera inaccettabile, per cui si studia un'altra via di somministrazione.
Ma anche la migliore cura, per il suo carico tossico prolungato nel tempo, per la dipendenza che le somministrazioni orarie e magari in presenza di risultati deludenti nella conta degli anticorpi, da taluni viene abbandonata. Si è notato, in queste persone, che la progressione del male era a volte inferiore di quanto fosse nelle aspettative. Si pensa che, sospendendo ogni tanto i trattamenti, il virus venga tenuto a bada dall'organismo. Il quale intanto si riprende dallo stress della cura. Sono solo ipotesi allo studio perché i meccanismi non sono ancora noti. Si chiama "vacanza terapeutica" e il nome è già molto invitante, speriamo scoprano che funziona veramente.

(Duesberg)
Davanti all'atipicità dell'HIV molte delle previsioni epidemiologiche, delle teorie e delle ipotesi di ricerca sono risultate sbagliate. Al punto che uno scienziato ha iniziato a pubblicizzare la sua teoria secondo cui non è l'HIV che porta all'AIDS ma che sono tante altre condizioni di stress a cui siamo sottoposti. Ovviamente mettendosi al di fuori della ricerca e senza poter dimostrare nulla. Ma la sua ipotesi ben pubblicizzata ha affascinato molti che, incantati, hanno smesso di curarsi pensando che con un po' di discipline reikiane, un po' di meditazione buddista, una sana dieta vegetariana sarebbero guariti. Io non ho notizie che questo sia mai avvenuto. La mia paura, oltre che per la loro salute, ma quella è loro, è che sentendosi "sani" smettano di proteggere gli altri smettendo di usare il preservativo. Queste teorie Duesberg le formulò nel lontanissimo 1987 e tutti i progressi che la biochimica ha fatto in questi anni credo parlino da soli.
Una coppia di amici miei, HIV-discordanti (si dice così quando uno solo dei due è sieropositivo) è rimasta affascinata da queste teorie. Investendo milioni frequentano seminari e conferenze. Hanno smesso di avere rapporti sessuali fra di loro, forse perché la paura del virus è rimasta.Venivano da una storia di fallimento terapeutico, cioé i farmaci non davano i risultati sperati, e gli effetti collaterali erano molti. Io sono rattristato e preoccupato ma non penso di avere il diritto di giudicare le loro scelte.

(minor infettività con carica virale bassa - reinfezione)
Per finire una vecchia ipotesi che è ora una certezza: è stato provato che con l'abbassarsi della carica virale si abbassa anche la capacità di infettare. La carica virale si abbassa con gli antiretrovirali. Questo dovrebbe essere sufficiente, a chi vuole avere rapporti sessuali, per decidere di curarsi con le risorse che la medicina ufficiale mette a disposizione oggi. Credo sia un obbligo morale. Ringraziando di avere un servizio sanitario che fornisce gratuitamente le cure.
Un altro risultato emerso dagli studi: chi è sieropositivo e fa sesso con altri sieropositivi senza prendere precauzioni va incontro a reinfezione. Vuol dire che si infetterà con un nuovo diverso virus con il risultato che l'infezione progredirà più rapidamente e le cure diventeranno meno efficaci. Per cui nessuno si deve esimere mai dal fare sesso sicuro. Sia per la salute altrui che per la propria.