L'altra metà dei gay
di Pigi Mazzoli
Pubblicato su "Pride", 2000

Come due fronti contrapposti, chi si mostra e chi si nasconde. Dati i pochi coming out fra le celebrità, non ci resterebbe che fare outing oppure possiamo essere noi sconosciuti a dare il buon esempio. A guadagnarci per primi siamo proprio noi.

L'altra sera in internet, ero in chat con un orso di Roma, gli dissi: "ci vediamo al gay pride" e lui rispose: "è da stupidi manifestare la propria omosessualità come se fosse una malattia di cui vantarsi". Stavo per rispondere: "e allora i metalmeccanici? E gli insegnanti? Non dovrebbero neppure loro manifestare?" ma ho lasciato andare. In venticinque anni di Movimento gay ho capito che con alcuni è solo una perdita di tempo. Come si può spiegare in cinque minuti che se non avessimo manifestato probabilmente saremmo ancora chiusi in localini in balìa della polizia? Che se non avessimo detto di noi a tutti, la nostra vicina penserebbe ancora che i froci sono o dei travestiti oppure come quelli della cronaca nera uccisi per rapina in casa da una marchetta. Se siamo qui a parlarne è perché qualcuno ha messo in gioco la sua tranquillità e ha fatto qualcosa. Credo fosse il '79 che al Fuori creammo un centralino gay. Fra gli altri chiamò uno che disse: "Bravi ragazzi! Io sono ormai anziano, ma voi fate bene, almeno voi potrete dormire con un uomo, io non ho mai dormito con un uomo, abbiamo sempre solo fatto sesso, di notte in un cespuglio, ai cessi di una stazione. Non si poteva vivere con un uomo, ma voi...". Era il motivo per cui si lottava, per dare a tutti la possibilità di vivere appieno la loro vita.
Era il periodo in cui i giornali erano affamati di notizie. Ma l'unica notizia appetibile era la visibilità. Bastava fare un comunicato stampa annunciando una manifestazione contro le discriminazioni in Russia e arrivavano dieci giornalisti interessati solo a fotografare gli omosessuali per darli in pasto alla curiosità popolare. La visibilità serviva anche a noi, si poteva sgombrare il campo dai pregiudizi più sciocchi già partendo dall'aspetto. Alcuni gay erano contrariati per questa pubblicità: "Ora non si scopa più nel Meridione, prima ci stavano tutti senza problemi, ma adesso che si sa cos'è l'omosessualità, non ci sta più nessuno perché se scopassero dovrebbero ammettere a loro stessi di essere froci. Prima lo facevano senza problemi perché non lo sapevano. Ora noi dobbiamo andare in Tunisia a rimorchiare i ragazzi". Alcuni ci mettevano solo la faccia, altri, da Mario Mieli ad Aldo Busi, creavano cultura: la base su cui costruire quell'orgoglio che dà una coscienza ma anche nuovi mezzi per costruirsi una vita al di là di quello che c'era, che c'era sempre stato.
Venne l'AIDS. Sarebbe stato un passo indietro se non ci fosse stato il Movimento. Con la controinformazione si è creata solidarietà nella società, un passo avanti. Combattendo contro i pregiudizi di quelli che si chiudono nei locali e non ne vogliono sapere di lotta. Un tempo cespugli e cessi, ora darkroom e saune. Quelli rifugiati in Tunisia venivano inseguiti da bande di ragazzini al grido di "SIDA! SIDA!" appena scoperta la loro gayezza: se lo erano cercati, a forza di scappare si arriva contro un muro.
Ho sempre sentito questa dicotomia fra i gay. Quelli politicizzati e quelli nascosti, con frequenti scambi di ingiurie da ambo le parti. Venti anni fa lottavamo per far uscire la sessualità dai cessi ma rispettosamente protestavamo per ogni orinatoio tolto al battuage. Ora lottiamo per le unioni civili ma difendiamo a spada tratta l'esistenza delle dark.E quando andiamo ad un gay pride, come disse Leo Gullotta: "andiamo vestiti in jeans", ma accettiamo con rassegnazione che i fotografi siano tutti per Vladimir Luxuria vestita da Madonna perché i trasgender hanno pari diritto, la colpa è solo dei giornali che si ostinano a far credere che siamo tutti così. Ostinatamente cerchiamo l'uguaglianza, e al limite ce la imponiamo, affinché tutti possano vivere felici, non solo chi ha scelto di nascondersi. A volte difendere le posizioni di taluni è per noi doloroso come darsi martellate sui coglioni, ma se si vuole essere corretti si deve anche soffrire un po'. A ogni sfaccettatura del mondo gay deve essere data visibilità.
Quando ho scoperto la mia omosessualità avevo quattordici anni e non avevo nessuno in cui identificarmi, non avevo un luogo in cui incontrare altri. Solo a diciotto anni ho scoperto, leggendo un giornale, che esisteva il F.U.O.R.I.!. Mi sono ritrovato in mezzo a centoventi uomini, tutta la gamma, inaspettata, di come si può essere omosessuali. In mezzo ho trovato tante persone che mi hanno aiutato a costruire la mia personalità frugando nei meandri dei miei desideri e delle mie aspirazioni. Una rinascita, questa volta senza violenze occulte. Non mi sono più sentito solo e diverso. Da allora ho sentito sempre il desiderio di aiutare chi, meno fortunato di me, si ritrovava, solo, in un piccolo paese o in una famiglia castrante, non per farlo diventare come me, ma solamente perché avesse la possibilità di essere come lui voleva. Non credo esistano crescite in discesa: temo si debba fare fatica per conquistare qualcosa che ha valore, anche se adattarsi alle situazioni che si trovano può essere una scelta di vita. Ognuno è libero di realizzarsi secondo le proprie aspirazioni e i propri mezzi. Chi si scopre ora ha tante possibilità: circoli, locali, riviste, internet. Meno costrizioni, più rispetto di se stessi. E questo ha portato anche ad una sessualità liberata, quindi più consapevole, cioè più vera e soddisfacente. Che vuol dire anche mettere su casa con l'uomo che si ama oppure di passare i fine settimana chiusi in una sauna a caccia dei propri fantasmi. Per questo si deve ancora lottare, per non perdere il diritto alla casa da "vedovi", come per non vedere il proprio locale preferito chiudere.
Accettare di mostrare la faccia perché altri non si uccidano per la solitudine. Mettersi a nudo per mostrare a chi ancora non lo sa che si può essere gay e felici.
Anche se poi quelli che vogliono la "tessera anonima senza la dicitura gay" ci vengono a dire che l'Arcigay è la mafia dei locali che ci sfruttano. Provate a chiedere a uno di questi se sanno che le dark sono nate per non avere retate della polizia con arresti in massa per "atti osceni in luogo pubblico" Chiedete se secondo loro AN avrebbe fatto quello che ha fatto la sinistra in questi anni per le loro dark, loro giurano di sì. Sono convinti che tutto sarebbe stato com'è senza fare nulla. E ci danno degli stupidi perché vogliamo marciare, si sta già bene così. Sono già soddisfatti della loro vita, perché complicarla con nuove aspirazioni o col pensiero di chi invece della sua vita non è affatto soddisfatto? Dicono: "Che bisogno c'é di mostrarsi se questo offende qualcuno?". Che non venga offesa la Chiesa, quella che ringraziò dio per aver creato l'AIDS che sterminandoli puniva gli omosessuali. Se li lasciamo fare la prossima volta vorranno chiudere almeno di domenica i nostri locali peccaminosi. Loro ci vogliono togliere la visibilità perché sanno che questa è la nostra prima arma. Io a Roma, Italia, vorrei farmi vedere.
Io non vorrei offendere nessuno ma, se il solo mostrarmi è visto da alcuni come un'offesa, allora a sentirmi offeso questa volta sono io. Sarò uno stupido, ma anche questa volta porterò la mia bandiera arcobaleno, la stessa bandiera che, in giro per il mondo, vista incollata ad un'auto o sventolante sull'ingresso di un negozio, mi fa sentire fra amici. E sulla mia maglietta scriverò "frocio ateo hiv+": se i fotografi dovessero immortalarmi farò sentire meno solo qualche mio simile che è restato a casa.

3 giugno 2000