....Soltanto in un punto delle sue "lettere romane" ci imbattiamo in una concezione genuina e molto seria della religione,ma non è nè cattolica nè protestante,bensì profondamente ebraica. Di certo Felix non lo sapeva,ma suo padre avrebbe riconosciuto e identificato immediatamente la dottrina. Felix infatti scrive a Klingemann,il 2 gennaio 1831: -L'ultimo e il primo giorno (rispettivamente del vecchio e del nuovo anno) sono stati per me come sempre tristi e noiosi. La sera di San Silvestro sono stato ad un paio di ricevimenti... Il primo dell'anno ho dovuto far visite. Per me è penoso come la gente si incontri scherzando e si auguri a vicenda un futuro felice,cioè l'augurio più serio che si possa fare,proprio in un giorno di idiozie...come in tutto questo non ci sia nessuno che sembri pensare che cosa sia propriamente un giorno di festa,come la sera di San Silvestro tutti cerchino di esorcizzare,ma inutilmente,i pensieri tristi scherzando,bevendo e versando piombo (usanza popolare per trarre gli auspici). Queste due giornate sono veri giorni di penitenza e si dorebbero trascorrere completamente soli con sè stessi,senza tremare e senza nascondersi davanti ai pensieri più profondi...-
Un ebreo ortodosso non avrebbe potuto esprimersi meglio. E si noti che tali sentimenti non sono frutto di innovazioni rivoluzionarie,ma si sono sviluppati organicamente in Felix (-I giorni sono per me,come sempre tristi...-). Quale ne è l'origine? Naturalmente la casa paterna,che aveva semplicemente trasferito nel cristianesimo l'atteggiamento molto serio nei confronti del nuovo anno,tipico dell'ebraismo. Osservazioni di tale esasperata serietà non sono molto frequenti nelle sue lettere di viaggio: ebbe una reazione simile quando seppe che Goethe era seriamente ammalato. Allora scrisse al padre:-Nei momenti di allegria non dimentico mai che il nucleo e l'essenza di tutte le cose sono seri,anzi spesso tragici,e nei momenti seri penso che ciò che è serio deve essere sereno e non di necessità tenebroso o freddo...di questo sono certo...- Certamente questo pensiero concordava con la concezione del padre e con il pensiero di Goethe; a questo proposito viene in mente il motto di Giordano Bruno: -In hilaritate tristis, in tristitia hilaris-.
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