LINZ, 11 Agosto 1830.
Cara Madre!
« Come il musicista viaggiatore abbia passato a Sa-
lisburgo la sua gran giornata di jettature. »
Frammento preso dal diario inedito del conte F. M. B
(continuazione).
Quando suggellai l'ultima mia a voi diretta, co-
minciò uno di quei giorni infelici in cui non se ne az-
zecca una. Presi la matita e guastai due miei disegni
favoriti presi dalle montagne bavaresi, a tal segno che
dovetti lacerarli e buttarli dalla finestra. Mi stizzii e
per distrarmi andai sul monte dei Cappuccini. Che io
per istrada mi sia smarrito lo si capisce da sé; ap-
pena arrivato sulla cima, incominciò a piovere spa-
ventosamente e dovetti ricorrer subito all'ombrello. Poi
volevo visitare almeno il monastero, ma allora mi venne
in mente che non avevo abbastanza denaro pel frate
che doveva farmi da guida; essi accettano anche il
poco, ma assai malamente, epperò questo mi indusse
a venirmene via senza rispondere più agli inviti del
portinaio. Dopo chiusi la mia valigia indirizzandola a
Lipsia e la portai alla posta. « Prima deve subir la
visita della dogana > mi si disse. Io andai alla do-
gana; mi fecero aspettare un'ora, prima che fossero
capaci di raccapezzare un bollettino di tre righe e
si comportarono così villanamente, che dovetti bistic-
ciarmi con loro. — Appiccati Salisburgo! pensai io, e
ordinai i cavalli per Ischi, dove speravo di potermi ri-
fare di tutte le disdette subite in quel sitaccio. — « Ella
non può avere i cavalli senza permesso della polizia. »
Alla polizia. « Ella non può ottenere alcun permesso,
prima che non sia giunto il suo passaporto. » Ma a
che queste chiacchiere inutili? Dopo avermi mandato e
fatto correre qua e là innumerevoli volte, venne final-
mente la sospirata sedia di posta; mangiai, feci le va-
ligie e pensai: ora me ne sono liberato; il conto e le
mancie sono pagate. Quando mi trovai davanti alla
porta, vidi due eleganti vetture da viaggio aperte che
si avanzavano a passo e la gente che si affrettava ad
uscire dall'albergo per correre incontro ai padroni delle
vetture, che se ne venivano dietro a piedi. Io non mi
affannavo per nulla affatto e restavo seduto comoda-
mente nella mia carrozza. Intanto vedo che una di
quelle vetture appena arrivate si ferma presso la mia,
e dentro vi siede una signora. Ma che signora! Acciò
non crediate che me ne sia innamorato, e ciò sarebbe
stato il colmo della jettatura, vi dirò subito che era
attempatella; ma essa aveva l'aspetto assai amabile e
simpatico, e portava un abito nero con una grossa ca-
tena d'oro; diede al postiglione la sua mancia e sorrise
con molto garbo. Lo sa Dio perchè io stetti a lungo
occupato del mio baule e non diedi ordine di partire; io
guardavo continuamente dalla sua parte, e per quanto
mi fosse sconosciuta, mi sentivo spinto nel mio interno
a volgerle direttamente la parola. Può forse essere stata
la mia immaginazione; ma nessuno al mondo può to-
gliermi di mente che anch'essa guardasse verso di me,
squadrando questo rozzo viaggiatore col berretto da
studente. Ma quando essa scese dalla mia parte e si
trattenne famigliarmente presso la portiera della mia
carrozza e vi rimase un momento lasciando sempre tran-
quillamente la sua mano sulla portiera della mia car-
rozza, ci volle tutta l'esperienza da me acquistata nel
viaggiare per non discendere e dirle: « Cara signora,
come vi chiamate? » Ma la mia esperienza trionfò e
mi misi a gridare in modo imperioso: « avanti, posti-
glione! » Allora la signora ritirò tosto la sua mano e
si partì. Ne fui molto dispiacente, vi pensai ancora
dopo e mi addormentai. Una carrozza con due signori,
che ci era passata davanti mi svegliò. Tra il postiglione
e me s'intavolò allora il seguente dialogo: Io: « Quelli
vengono anch'essi da Ischi dove io poi non troverò ca-
valli. » Lui: « Oh le due carrozze, che si sono fermate,
erano anch'esse di là ed ella pure avrà cavalli. » Io:
« Vengono anch'esse da Ischi? » Lui: «Eh! certamente;
ci vanno tutti gli anni e ci furono anche nello scorso
anno; io le ho condotte; è una baronessa di Vienna (oh
Dio! dissi fra me) ed è una ricca sfondata ed ha delle
belle figliuole; quando esse si recarono a Bertholsgaden
e scesero nella miniera, fui io che ve le condussi; se
avesse visto che figura facevano coi loro abiti da mi-
natore. Hanno anche un podere e pure sono assai af-
fabili con noi povera gente. » — « Ferma » esclamai io
- come si chiamano ?» — « Non glielo saprei dire » —
- Pereira? (*) » — « Non credo. » — « Conducimi in-
dietro » dissi io risolutamente. — « Ella non arriverà
più stanotte a Ischi e noi abbiamo già fatto appunto
il monte più cattivo; il nome di quelle signore lo potrà
sapere alla stazione di posta. » Questo mi gettò di
nuovo nell'incertezza; continuai il mio viaggio; alla
stazione di posta non si conosceva il loro nome; e così
pure alle successive; finalmente dopo sette incredibili
(*) Una parente della famìglia.
ed insopportabili ore arrivai e prima ancora di scendere
dalla carrozza domandai: — < Chi si è recato stamani
a Salisburgo in due vetture? » — al che mi si rispose
tranquillamente: — < la baronessa Pereira; è partita
stamane per Gastein, ma ritornerà fra quattro o cinque
giorni. » — Ormai ero certo; parlai anche col di lei
cocchiere; nessuno della famiglia era rimasto là; i due
signori nella vettura che incontrai dopo erano i due
figli (appunto quelli ch'io non conoscevo). Per soprappiù
poi mi risovvenni anche d'un infelice ritratto, che una
volta mi era stato mostrato presso la zia H e la
signora coli' abito nero era proprio la baronessa Pereira.
Lo sa Dio quando otterrò di rivederla ancora! Non credo
che ella m'abbia toccato il cuore, ma non dimenticherò
cosi presto certamente la sua figura attraente e la sua
affabile fisonomia. Son però fatali i presentimenti; fa-
cilmente s'impossessano di noi; ma ci s'accorge sempre,
soltanto dopo che si sono avverati. — Io sarei ritornato
all'istante, ed avrei viaggiato anche tutta la notte, ma
siccome riflettei che l'avrei potuta trovare tutt'al più
al momento della sua partenza e forse neppur allora,
— che io avrei sciupato tutto il mio itinerario per
Vienna, se mi fossi recato con lei a Oastein (io pensavo
anche a questo) — e finalmente che Salisburgo era
stato per me un sitaccio fatale, — gli dissi addìo an-
cora una volta e mi cacciai a Ietto di cattivissimo
umore. All'indomani mi feci indicare la di lei casa
disabitata, e la disegnai per te, cara madre. — I miei
fiaschi "rumoreggiavano ancora come il tuono da lontano"
cosi che non avevo per anco trovato la mia calma;
nell'albergo mi chiesero per una notte più d'uno zec-
chino. Bestemmiai in inglese e in tedesco, — continuai
il mio viaggio, e misi da parte Ischi, Salisburgo, la
Pereira, il Traunsee ed eccomi qui, dove oggi ebbi una
giornata di calma. Domani penso di andare più avanti
e così il buon Dio mi permetterà di dormire posdomani
a Vienna* Di là il seguito. Cosi è finita la giornata
delle mie jettature; questa è la pura verità, senza al-
cuna invenzione; nulla vi ho aggiunto del mio, ma mi
sono attenuto alla storia letterale. L'incomprensibile si
è come io abbia potuto travedere Flora insieme con lei ;
poiché la vecchia signora dal mantello scozzese che entrò
nell'albergo, era la signora De W.... ed il vecchio si-
gnore cogli occhiali verdi, che veniva dietro a lei, non
poteva essere stata Flora. Insomma, quando le cose co-
minciano ad andare al rovescio, non ci si ferma più.
Per oggi non scrivo altro — sono ancora troppo rab-
bioso; la prossima volta voglio raccontare del Salzkam-
mergut, e come fu bello il mio viaggio di ieri, e come
aveva ragione Defrient, che mi raccomandava questa
strada. Cosi pure sono veramente stupendi il Traunstein
e la cascata della Traun, e quindi il mondo si fa molto
gradevole. È bene che voi ci siate, e che io dopodo-
mani trovi vostre lettere e altre cose ancora. Cara
Fanny, io voglio ora comporre il mio Non Nobis e la
sinfonia in A moll. Cara Rebecca, se tu mi udissi can-
tare < In warmen Thal > colla mia voce rauca la tro-
veresti una cosa quasi meschina. Tu sai far meglio,
Paolo! Sai tu maneggiare i fiorini, fiorini pesanti, fiorini
leggeri, fiorini di convenzione, fiorini del diavolo e della
sua nonna? Io no. — Per questo vorrei che tu fossi
presso di me, ma forse anche per altri motivi.
Vi saluto !
Felix
(lettera di Felix Mendelssohn Bartholdy alla madre, Lea Salomon Mendelssohn Bartholdy)
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